Cantiere Pensioni

Il governo prova a rimettere mano alle pensioni per sistemare #opzionedonna con uno sconto fino a due anni alle mamme per ogni figlio. Ipotesi quota 41.

Dal ministro del Lavoro #Calderone arrivano segnali di grande cautela. Per capire il da farsi bisognerà quindi attendere il 27 con la presentazione della Nota di aggiornamento sui conti pubblici, perché tutte le ipotesi avanzate ai tavoli tecnici, elaborate da tecnici ed esperti devono inevitabilmente fare i conti con le coperture.
Dato per scontato che anche nel 2024 ci sarà una proroga di #quota103, che consente di lasciare il lavoro a 62 anni con 41 anni di contributi, e che l’Ape sociale verrà estesa ad altri lavori gravosi e usuranti, da definire resta essenzialmente il nodo di Opzione donna oltre all’idea di incentivare la previdenza integrativa soprattutto a favore dei giovani. Per le donne, in particolare, si ragiona sulla possibilità di ripristinare i requisiti in vigore sino a fine 2022 (59 anni di età e 35 di contributi), come chiedono da tempo i sindacati, ma in alternativa (o in aggiunta) i tecnici suggeriscono di introdurre una «Ape sociale agevolata per le donne», che rispetto ad Opzione donna avrebbe il vantaggio di evitare alle interessate il ricalcolo dell’assegno col criterio contributivo (che arriva a tagliare gli assegni anche del 30%) producendo per sua natura non un assegno pensionistico ma un sussidio (al massimo 1.500 euro al mese per 12 mensilità) che si percepisce sino a quando non si raggiungono i requisiti pieni per la pensione.

Con la nuova #Apedonna ci sarebbe la possibilità per le donne di ricevere dunque una indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61/62 anni invece dei 63 previsti attualmente dall’Ape. Oltre a questo si sta studiando un ulteriore vantaggio nella contribuzione in favore delle donne con una situazione di disagio come licenziate, con invalidità almeno al 74%, caregiver o impegnate in lavori gravosi che si aggiungerebbe allo sconto sull’età già in vigore (un anno per ogni figlio sino ad un massimo di 2 anni).

L’attuale versione dell’Ape sociale, infatti, già oggi prevede «sconti» analoghi sotto il profilo contributivo per le donne: 12 mesi in meno per ciascun figlio con un tetto massimo di 2 anni. In questo modo per accedere alla misura bisognerà aver maturato 30 anni di contributi nel caso di persone licenziate, con invalidità pari almeno al 74% e caregivers che scendono a 28 per le donne con due figli, ma in questo caso resterebbe fermo il requisito dei 63 anni. Nel caso di lavoratori impegnati in lavori gravosi gli anni di contributi necessari sono 36 e scendono a 34 per le lavoratrici con due figli.
La nuova “Ape donna” potrebbe essere alternativa a Opzione donna oppure affiancarla mantenendo fissa la platea delle potenziali beneficiarie. Che in questo modo andrebbero in pensione dopo (adesso con Opzione donna con due figli si può uscire con 58 anni, ma anziché con 35 anni di contributi ne basterebbero con 28 o 30 anni.

Dopo la conclusione dei tavoli tecnici, l’Osservatorio sulla spesa previdenziale in questi giorni dovrebbe inviare alla ministra Calderone il suo rapporto indicando una serie di priorità e di opzioni su cui ragionare. Quindi il confronto dovrebbe tornare sul terreno politico con un nuovo incontro con le parti sociali, sindacati in primis.
Una vera riforma della previdenza per decollare solo nel primo anno avrebbe bisogno di almeno 4 miliardi di euro che però oggi in cassa non ci sono.

 La Stampa 


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